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Iodio in gravidanza

Tempo medio di lettura: 9 min

Lo iodio è un minerale essenziale per il corretto sviluppo neurologico del feto. Scopri perché è così importante e quali sono le principali fonti alimentari.

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Come assumere iodio in gravidanza

Analogamente ad altri momenti della vita, per assumere iodio in gravidanza è consigliato consumare cibi che ne sono naturalmente ricchi, come:

  • il pesce di mare

  • i mitili (cozze, vongole ostriche ecc.)

  • i crostacei

  • il latte e latticini

  • uova.

In alternativa, esistono in commercio alimenti appositamente arricchiti, primo fra tutti il sale iodato.

Nel caso del pesce di mare, la raccomandazione di aumentarne l'assunzione, tuttavia, può essere difficile da soddisfare per la donna che ha da poco concepito e che presenta forti nausee mattutine legate agli ormoni e/o un'ipersensibilità agli odori.

Analogamente, integrare la dieta con pochi grammi di alghe marine al giorno non è consigliabile durante la gravidanza, sia per la possibile presenza di mercurio o altri agenti contaminanti, sia perché l'apporto di iodio non è precisamente calcolabile, determinando quindi il rischio di una potenziale eccessiva assunzione di iodio che risulterebbe poco sicura per il feto.

Salvo in caso di controindicazioni assolute all'assunzione di sale (per esempio, a causa di ipertensione gravidica severa), utilizzare sale fortificato con iodio in sostituzione del comune sale da cucina (cloruro di sodio) è il modo più semplice per integrare lo iodio in gravidanza, come in ogni altro momento della vita.

Questa misura preventiva è ritenuta così importante per la salute pubblica che in Italia, da oltre un decennio, la vendita di sale iodato è obbligatoria per legge e deve essere garantita, a un prezzo accessibile, da tutti gli esercizi commerciali che vendono alimenti. Inoltre, è importante ricordare che, per potersi definire "iodato", il sale per uso alimentare deve contenere almeno 30 mg iodio per kg di sale.

Va inoltre precisato che tutti gli altri tipi di sale non iodato in commercio, oggi molto di moda, come il sale rosa dell'Himalaya, hanno proprietà interessanti, ma non differiscono in modo significativo rispetto al contenuto medio di iodio e non sono, quindi, utili se lo scopo è aumentare l'assunzione di questo microelemento.

Ma com'è possibile bilanciare la necessità di assumere iodio a sufficienza attraverso il sale iodato e la raccomandazione di contenere l'uso di sale in generale per non sviluppare ipertensione e altre malattie cardiovascolari? E come si concilia l'uso di sale con la gravidanza, condizione di per sé ad aumentato rischio di ritenzione idrica e sviluppo di ipertensione gravidica (preeclampsia)?

In realtà, basta fare un semplice calcolo per accorgersi che le diverse esigenze non sono affatto incompatibili. Un'assunzione di sale iodato non superiore a 5 grammi al giorno, come raccomandato da tutte le linee guida di prevenzione cardiovascolare, permette di soddisfare pienamente il fabbisogno iodico quotidiano dell'adulto (150 µg/die) e, unito all'apporto derivante da alimenti ricchi in iodio, anche quello della donna in gravidanza (200-250 µg/die).

Per riuscire a soddisfare le aumentate richieste metaboliche di iodio in gravidanza e durante l'allattamento, oltre a scegliere alimenti ricchi in iodio, si deve fare attenzione ai cibi che possono interferire con il trasporto di questo microelemento essenziale all'interno della tiroide. I principali alimenti a rischio su questo fronte sono rappresentati da:

  • spinaci

  • broccoli

  • cavoli

  • rape

  • rafano

  • alcuni additivi alimentari (sempre possibilmente da evitare durante la gravidanza, prediligendo cibi freschi e non trasformati).


Cos'è e a che cosa serve lo iodio

Allo stato puro lo iodio è di colore viola, diventa bianco quando partecipa alla formazione di vari tipi di sale e incolore quando è disciolto in acqua.

All'organismo ne serve una quantità minima, ma quel poco necessario non deve mai mancare, se si vuole evitare di andare incontro a sintomi da carenza o a deficit più o meno marcati e conseguenti effetti negativi per la salute, non sempre facili da riconoscere e compensare con l'opportuna tempestività.

Le principali funzioni biologiche dello iodio sono legate alla tiroide, una ghiandola a forma di farfalla presente nella parte anteriore centrale del collo e coinvolta nel controllo di innumerevoli attività metaboliche. Senza iodio la tiroide non può funzionare correttamente e può andare incontro ad alterazioni della sua struttura, talvolta severe e irreversibili.

In particolare, lo iodio è un componente irrinunciabile degli ormoni tiroidei. Se lo iodio a disposizione della tiroide è insufficiente, l'attività e le dimensioni della ghiandola aumentano in modo abnorme, come iniziale tentativo di compensazione, portando alla formazione di noduli tirodei e gozzo.

A fronte di una grave e/o persistente mancanza di iodio, la sintesi degli ormoni tiroidei avviene a ritmo ridotto, con effetti negativi di vario tipo a carico di diversi organi e apparati. La carenza iodica danneggia la salute in tutte le fasi della vita, già a partire dallo sviluppo del feto nell’utero.

Un mito da sfatare è quello secondo cui lo iodio può essere assunto respirando l'aria di mare, mentre si è sulla spiaggia o sugli scogli a pochi metri dall'acqua. L’unica fonte di iodio per l'uomo è rappresentata dagli alimenti.

Oltre il 90% dello iodio contenuto nei cibi viene assorbito dall’intestino, il restante 10% è immagazzinato e utilizzato dalla tiroide.

Il rischio di assumere molto più iodio del necessario con la dieta e di andare incontro a possibili effetti tossici è quanto mai remoto, mentre è possibile avvicinarsi inavvertitamente alla soglia massima se si assumono contemporaneamente, per lunghi periodi, alimenti ricchi in iodio (naturalmente o fortificati), sale da cucina fortificato con iodio e un integratore di vitamine e minerali contenente anche iodio.

Lo iodio è utilizzato anche in ambito medico:

  • come disinfettante per le ferite cutanee (tintura di iodio)

  • come mezzo di contrasto per la TAC e la risonanza magnetica

  • come tracciante per la scintigrafia tiroidea (indagine specifica per lo studio della tiroide)

  • come terapia di alcune malattie che possono colpire la tiroide, come l'ipertiroidismo e il carcinoma della tiroide.

Nel caso della scintigrafia della tiroide e della terapia radiometabolica, a essere impiegato è l'isotopo radioattivo dello iodio, lo iodio 131 (I131), che dopo la somministrazione si concentra nella tiroide e può per esempio evidenziare le caratteristiche strutturali della ghiandola o distruggere cellule potenzialmente rischiose.

Iodio: dove si trova La maggior parte dei cibi non ha un contenuto di iodio significativo e ciò fa sì che, nelle quantità mediamente assunte con la dieta, possano contribuire soltanto in parte a soddisfare il fabbisogno giornaliero dell'uomo e della donna adulta, soprattutto durante la gravidanza.

Per avvicinarsi di più ai livelli di assunzione raccomandati è importante inserire nella dieta abituale alimenti ricchi in iodio, per loro natura o arricchiti mediante aggiunta di iodio al terreno (nel caso di vegetali e cereali), ai mangimi (per i cibi di origine animale) o durante la trasformazione industriale.

Come detto, tra i primi, oltre al pesce di mare, ai mitili (cozze, vongole ostriche ecc.), ai crostacei e ai prodotti ittici derivati, vanno ricordati i latticini e il latte, che rappresenta la principale fonte alimentare di iodio per i neonati e per i bambini nei primi anni di vita.

I pesci di mare contengono in media 100-115 µg di iodio ogni 100 g (permettendo, quindi, di soddisfare gran parte del fabbisogno giornaliero con una sola porzione da 100-150 g), i crostacei addirittura 300 µg ogni 100 g, le cozze e le vongole circa 120 µg/100g.

Nel caso del latte comune (intero o parzialmente scremato), il contenuto medio di iodio per 100 g è minore (10-20 µg/100 g), ma la quantità di alimento assunto al giorno è maggiore (250-500 ml), permettendo di assicurare un apprezzabile apporto complessivo. Da non dimenticare, inoltre, le uova, che contengono circa 9 µg per 100 g. Meno significativo, invece, il contenuto di iodio della carne e dei cereali (non fortificati), pari a circa di 5 µg/100 g in entrambi i casi.

A prescindere dai cibi scelti, va ricordato che l’effettivo apporto di iodio è influenzato anche dal fatto di mangiarli crudi o cotti e dal tipo di cottura usato. La frittura e la griglia sottraggono agli alimenti soltanto il 20-25% circa del contenuto di iodio iniziale, mentre la bollitura ne disperde oltre la metà, che può essere recuperata soltanto se si usa anche il brodo.

Discorso a parte meritano le alghe marine che, in considerazione del contenuto molto elevato di iodio (fino a 200-250 µg per 1 solo grammo in specie come Fucus, Kelp e Kombu), non vanno considerate un alimento, ma un vero e proprio integratore, da usare con molta parsimonia, soltanto da persone adulte prive di malattie della tiroide e mai in gravidanza.


Iodio in gravidanza: primo trimestre

Il fabbisogno giornaliero di iodio in gravidanza aumenta rispetto ad altri momenti della vita della donna adulta poiché la tiroide della mamma incrementa la propria attività fino al 50% per poter sintetizzare ormoni tiroidei anche per il feto (la cui tiroide è in via di sviluppo e/o non ancora attiva).

Come detto, all'organismo adulto sano dovrebbe essere assicurato ogni giorno un apporto di iodio di circa 150 µg, che sale fino a 200-250 µg/die nella donna in gravidanza e continua ad essere raccomandato in quantità pari a 200 µg/die durante l'allattamento (per compensare quello prelevato dal neonato con il latte materno).

Nel primo trimestre di gravidanza, un insufficiente apporto di iodio al feto in via di sviluppo ha effetti severi e irreversibili soprattutto sul sistema nervoso centrale, determinando alterazioni cerebrali importanti, che possono causare deficit intellettivi più o meno rilevanti, fino a ritardo mentale nei casi più gravi. In aggiunta, possono instaurarsi disfunzioni di vario tipo a livello metabolico, portando all'insorgenza di una molteplicità di disturbi e ritardo di crescita.

Alcuni studi indicano che le donne in gravidanza che non assumono latte e latticini a causa di intolleranze o di una dieta vegana (che peraltro preclude anche l'assunzione di pesce e uova) possono essere esposte a un rischio di insufficienza di iodio.

Un integratore in gravidanza senza iodio o con?

Un integratore alimentare di iodio in gravidanza è necessario? In realtà, di norma no. Se la donna non presenta patologie della tiroide o cardiovascolari, ha una gravidanza fisiologica, usa abitualmente la quantità raccomandata di 4-5 g/die di sale iodato e assume quantità sufficienti di alimenti ricchi in iodio il fabbisogno può ritenersi soddisfatto.

L'eventuale quota aggiuntiva di iodio fornita da un integratore assunto per altri scopi (per esempio, per aumentare l'apporto di acido folico o di altre vitamine o ferro) può essere possibile ma va tenuto presente che l'eccesso di iodio è inutile e potenzialmente dannoso. Per tale motivo, se il fabbisogno di iodio della donna è già soddisfatto in altro modo, è preferibile scegliere un integratore in gravidanza senza iodio.

Quando, invece, il medico ritenga opportuno consigliare alla donna un integratore alimentare contenente anche iodio, si potrà fare riferimento a preparati che ne forniscano un quantitativo per dose giornaliera non superiore a 225 µg/die (limite superiore di dosaggio ammesso in Europa, per prevenire apporti eccessivi). Per questa stessa ragione, è bene assumere un solo integratore contente iodio per volta, sia in gravidanza sia in altri momenti della vita.